"Ragazzi di vita”, racconto corale di Pier Paolo Pasolini, approda all'Arena del Sole di Bologna nella versione teatrale firmata da Emanuele Trevi e Massimo Popolizio, e interpretata da Lino Guanciale.
Dopo il successo della scorsa stagione, dal 21 al 24 marzo arriva al Teatro Arena del Sole di Bologna Ragazzi di Vita (Info e Date), creazione corale diretta dal tre volte Premio Ubu Massimo Popolizio, adattamento a cura di Emanuele Trevi, interpretata da Lino Guanciale (Leggi qui l'intervista), Premio Ubu 2018 come miglior attore, e da altri 18 talentuosi attori.
La vitalità irrefrenabile e poetica dello struggente racconto corale di Pasolini, definito un romanzo-documentario, icona di un realismo mai tramontato, approda finalmente a Bologna nella versione teatrale firmata da Trevi e Popolizio.
Dal romanzo al testo teatrale: da Pasolini a Popolizio
Lo spettacolo è un adattamento dell’omonimo primo celebre romanzo di Pier Paolo Pasolini, pubblicato nel 1955, e racconta la vita di un gruppo di giovanissimi sottoproletari delle borgate romane nel periodo del Secondo dopoguerra.
L’autore descrive una realtà degradata, povera e caotica, ai margini della società. Mossi da esigenze primordiali, dall’istinto e dalle passioni, i "ragazzi di vita" vivono di sotterfugi ed espedienti più o meno legali, sciamano dalle borgate della Roma anni Cinquanta verso il centro, in un itinerario picaresco fatto di molteplici incontri, di eventi comici, tragici, grotteschi. I giovani alternano una violenza gratuita a una generosità patetica, compiendo una sorta di rito iniziatico in una Roma contradditoria.
“Un brulichio di voci e corpi che parlano in romanesco e trascorrono le giornate nelle borgate, in cerca di qualche lira e di nuovi passatempi. È Roma come la leggeva Pasolini negli anni Cinquanta del boom dopo essere approdato a Roma, carico del dolore causato dalla radiazione dal Pci, dall’allontanamento dall’insegnamento in una scuola media, dalla separazione dall’amato Friuli della giovinezza”.
Il desiderio di narrare Roma, la sua grazia e il suo sfacelo, la sua gente e il suo brulicare, pervade tutta l’opera dello “straniero” Pasolini - straniero sia rispetto alla metropoli che ai dettami ufficiali della cultura italiana dell’epoca.
Pasolini decide di vivere e raccontare la Roma dei margini, la Roma dei sottoproletari esclusi dalla Storia. Inizialmente l’autore, toccando nel suo romanzo temi forti, come quello del degrado e della prostituzione minorile maschile, viene accusato di oscenità e pornografia. Il romanzo infatti è un’acuta e cruda riflessione sulla modernità, che valse a Pasolini un processo per pornografia e il ruolo di provocatore della società perbenista.
L’adattamento firmato da Trevi si caratterizza per la fedeltà al testo originale e l’attenzione alla parola: l’energia di quel piccolo popolo di ragazzi, protagonisti del romanzo di Pasolini, emerge dalla sua drammaturgia, che restituisce in tutta la sua incisività la lingua pasoliniana e rafforza il legame tra teatro, letteratura e radici identitarie della città di Roma.
Dice Trevi: «In queste scene prevalgono una marcata gestualità e il parlato romanesco, o meglio quella singolare invenzione verbale, di gusto espressionista e non neorealistico, che Pasolini stesso definiva una lingua inventata, artificiale. Non è insomma la lingua in cui parlano effettivamente i ‘ragazzi di vita’, ma la loro lingua come viene percepita dal ‘narratore’, che è un uomo diverso da loro, e in tutti i sensi uno straniero».
La regia di Popolizio
Popolizio dirige Lino Guanciale e un nutrito gruppo di attori, dando vita a un universo parallelo vivace e dalla vitalità anarchica, fuori dalla cornice borghese. In scena una coralità di voci, 18 ragazzi a comporre un affresco di personaggi complessi e contraddittori, spregiudicati e pudici, violenti e buoni, brutali e dolci.
Leggi QUI l'intervista a LINO GUANCIALE
La regia di Popolizio sottolinea e dà forza alla “vitalità irrefrenabile e poetica dei ragazzi, alternando ironia e durezza, innocenza e abisso” e ci conduce “dentro” le giornate dei giovani sottoproletari. Racconti di vite con cui ci restituisce la loro generosità e la loro violenza, il comico, il tragico, il grottesco di uno sciame umano che dai palazzoni delle periferie si sposta verso il centro. Il personaggio di Lino Guanciale, alter ego di Pasolini stesso, si aggira come uno “straniero” in visita in quel mondo, mediatore fra platea e palcoscenico, filo conduttore di tutte le storie raccontate nel romanzo.
Afferma Massimo Popolizio: «I ragazzi di cui parla Pasolini sono persone che lottano con la quotidianità. Una vitalità infelice la loro, e la cosa più commovente in quest’opera è proprio la mancanza di felicità. I ragazzi di vita sono un popolo selvaggio, una squadra, un gruppo, un branco di povere anime perdute ritratte nei dettagli del testo».
In scena all'Arena del Sole di Bologna
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